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Angelica Grippa |
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Tempo di lettura: 3 minuti
"Non è facile diventare un tifoso di calcio, ci vogliono anni. Ma se ti applichi ore e ore entri a far parte di una nuova famiglia. Solo che in questa famiglia tutti si preoccupano delle stesse persone e sperano le stesse cose. Cosa c'è di infantile in questo?"
Vita e calcio, un binomio pazzesco, che solo un tifoso come Nick Hornby può spiegare. Il calcio è come un colpo di fulmine che ti colpisce alle spalle e nei casi più gravi si prende tutta quanta la vita. Un’autobiografia scorrevole e diretta, con un approccio semplice cerca di descrivere una passione assoluta. Nulla viene descritto dall’alto, ma ogni azione ed emozione partono da dentro, dentro il tifoso e soprattutto dentro uno stadio. La ricostruzione è calda, a volte al lettore sembra di stare lì dentro, fra quelle folle incontrollate, capace di provare paura o l’esaltazione. Questo libro scandisce attraverso le partite dell’Arsenal (squadra del cuore dello scrittore) le tappe salienti della sua vita, dall’amore alla scuola, e un’adolescenza difficile per un inglese di periferia degli anni ’70. Il calcio salva, il calcio condanna: salva quando le esperienze brutte ti colpiscono alle spalle e ci si affida ad un risultato, condanna quando questa stessa passione ci porta all’indifferenza del contesto che ci circonda, e scatta il senso di colpa. Hornby sembra colmare attraverso una passione trascinante tutte quante le mancanze, quella della separazione dei genitori, l’assenza di un padre che si crea un’altra famiglia, le sconfitte amorose. Tutto si intreccia in modo lineare con gli eventi storici di quegli anni e le abitudini della società inglese di quei tempi senza farsi mancare i riferimenti alla musica. Non usa un approccio sociologico, ma descrive tutto in modo realistico, come farebbe uno di noi. Cerca di spiegare a tutti, tifosi e non, questa passione incontrollata che per molti resta un mistero. Non perde l’occasione per trattare temi importanti, come la violenza negli stadi, il fenomeno degli Hooligans, e l’Heysel entrato nella memoria di tutti noi. Hornby si avvicina al punto di vista dell’opinione pubblica che vede il tifo viscerale come una sottocultura, lo accetta, questo amore va per lui oltre ogni etichetta. La naturalezza con cui descrive i momenti cruciali della vita di un tifoso, le finali mancate, o la perdita del calciatore preferito visto come un tradimento. Ma non parla solo e sempre di calcio, ciò che meraviglia è la quantità immensa di argomenti trattati, bellissime le riflessioni intime dell’autore, è letteratura calcistica. Molti di noi troveranno in queste pagine sensazioni famigliari, questo resta il punto forte del racconto, il riconoscersi. Non ci si meraviglia del fatto che questo libro sia diventato un cult e deve capitare nelle mani di gente come noi, che in un tempo qualsiasi si è ‘ammalato’ di calcio. Questo magnifico sport di squadra per un tifoso rappresenta un’altra dimensione, un’altra vita, un grande amore, e tutto questo resta incomprensibile per chi è estraneo a questo sentimento. La fedeltà di un tifoso è assoluta e incondizionata, e la capacità dell’autore di descrivere verità sportive e di vita è impressionante. Chiudiamo con una frase del racconto che sembra quasi una dichiarazione di fede di per il calcio:
“Guarderò qualsiasi partita di calcio, in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo, sotto qualsiasi tempo…”
Ecco cos’è il calcio per ognuno di noi, è un atto di fede.