TARANTO FC

Rosario Biondo, l'uomo che marcò D10S

Intervista al forte difensore protagonista della promozione del 1986
   Angelica Grippa

07 Febbraio 2019 - 08:17

Tempo di lettura: 3 minuti

Rosario Biondo, difensore nato a Palermo nel ’66, arrivò a Taranto ragazzino. Non fu tra i titolari ma con impegno e dedizione si ritagliò un ruolo importante, diventando perno fondamentale di quella squadra rossoblù. Militò nella massima serie, a Bologna e poi a Lecce. Rimane legato al blasone tarantino con la stessa intensità di allora.

Signor Biondo, lei arrivò a Taranto giovanissimo, perché scelse questa squadra, come le sembrò a primo impatto?
Quando arrivai a Taranto avevo solo 19 anni, grazie a Tom Rosati l’allenatore del Palermo, che mi scelse per portarmi a Taranto con lui. Purtroppo quell’estate morì, e io mi ritrovai comunque in quella squadra. Il Taranto mi ha regalato tante emozioni, la nazionale il cuore e una vita. Amo questa città dal profondo del mio cuore.

Quindi non trovò nessuna difficoltà nell’ambientarsi in questa nuova realtà?
No, assolutamente. In realtà trovai difficoltà solo quando arrivai all’hotel da Palermo, e mi chiesero chi mi aveva portato lì. C’erano calciatori nel Taranto molto più forti di me, come Secondini, ma io seppi dimostrare le mie qualità e guadagnarmi un posto in squadra.

Tra gli episodi importanti rimasti nel cuore della tifoseria tarantina c’è la partita in Coppa Italia, Taranto-Sampdoria 1 a 4, dove lei marcò un certo Gianluca Vialli…
Indimenticabile, mi ricordo l’applauso e tutto l’amore della curva per quella marcatura. Lo stesso Gianluca mi disse che ero fortissimo, e mi disse di non aver mai incontrato un marcatore così tenace. Un ricordo fra i più belli, ero già entrato nel cuore dei tifosi rossoblù, ma da quel momento il nostro rapporto si consolidò. Quella maglia mi entrò nel cuore.

Invece in Taranto-Barletta 4-0, il suo gol…
Ricordo perfettamente, sovrapposizione incrocio sulla destra, il gol e poi l’estasi.

Un’altra marcatura di lusso che ricordiamo: Taranto-Messina: 2-1, su Totò Schillaci. Ci fu una vera battaglia, e alla fine Schillaci venne espulso. Ma cosa accadde in quel frangente?
Non potrò mai dimenticare le parole di Totò, era incredulo lo marcavo sempre io, e mi proferì una battuta in siciliano per esprimere tutto il fastidio di quella marcatura totale. Ricordò un altro episodio, Schillaci con la Juventus a Bologna, mi guardò e si informò subito sulla marcatura per evitare la mia. Gli risposi di stare tranquillo, perché a me in quel frangente toccò Di Canio. A Taranto lui proprio non mi sopportava perché non gli facevo mai toccare palla, mi ha sempre sofferto.

Anche Pedro Pablo Pasculli non toccò palla in Taranto-Lecce…
Si, confermo. Che episodi meravigliosi stiamo ricordando, sono assurdi.

Nella sua carriera calcistica i più grandi attaccanti che ha marcato, che l’hanno messa in maggior difficoltà?
Ho marcato dei campioni senza tempo nella mia carriera da difensore, come Maradona, Gullit, Van Basten, Platini , bastano i nome per capire.

Se dovesse dirmi l’attaccante più insidioso…
Sinceramente mi è capitò da ragazzino, fu con Tovalieri. In quella partita lui mi fece due gol, fu veramente brutto.

Il momento più esaltante della sua intera carriera calcistica?
Le cito Taranto, Como, il Bologna in serie A. Ma se proprio devo scegliere nessuna città ho amato come Taranto, nessuna squadra ha preso il mio cuore con la stessa intensità, nemmeno quelle della Serie A.

Le doti che un difensore dovrebbe avere a livello tecnico e umano…
Sicuramente il cuore, la passione, la lealtà. A livello tecnico la forza fisica e la tenacia, la capacità di non arrendersi mai. La lucidità di analizzare l’azione, di guardare l’avversario negli occhi, e di capire quello che sta succedendo in ogni episodio.

Segue ancora il Taranto?
Si sempre, anche ora seguo le sue partite e il campionato.

Cosa fa attualmente?
Sono ancora nel mondo del calcio, alleno i ragazzi qui in Eccellenza.

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