![]() |
Redazione MRB.it |
|
Tempo di lettura: 4 minuti
Da Ciotti ad Ameri, da Bortoluzzi a Provenzali, le mille domeniche alla radio dei tifosi italiani
di Stefano Ravaglia
Milan-Juventus, Niccolò Carosio. Bologna-Napoli, Enrico Ameri. Alessandria-Padova affidata a Andrea Boscione. Dallo studio centrale di Milano Roberto Bortoluzzi, ideatore (insieme a Guglielmo Moretti e Sergio Zavoli) della trasmissione, di cui fu il primo conduttore.
Era una domenica d’inverno siberiano sull’Italia, quando alle 15.15 del 10 gennaio 1960 iniziò la lunga storia, ancora oggi viva e vegeta, di “Tutto il calcio minuto per minuto”, con la Rai che si collega via radio all’inizio dei secondi tempi, badate bene, per dare il via a una trasmissione che sperimentava la nuova frontiera della comunicazione in vista delle Olimpiadi in programma a Roma da lì a qualche mese.
Sono passati esattamente sessant’anni da quel pionieristico inizio con tre partite affidate ai suddetti inviati e le altre tenute a bada da stoici volontari che telefonavano a conoscenze all’interno dei campi non collegati segnandosi su autentici “pizzini” i risultati e le novità da fornire agli ascoltatori, il tutto una settimana dopo la scomparsa del grande Fausto Coppi. “Tutto il calcio” è stato il filo conduttore del calcio italiano, la novità che si è fatta strada con dirompente entusiasmo, accompagnandosi poi a “Novantesimo minuto”, sorto nel 1970 sul primo canale, in un binomio inossidabile, romantico, meraviglioso e nostalgico.
Per molti, per quasi tutti, il calcio vero e proprio era quello: da quella domenica di sei decenni fa, nessun italiano appassionato di pallone avrebbe più vissuto allo stesso modo. Con buona pace delle mogli disperate, il nostro, alla domenica pomeriggio, aveva un’amante incorreggibile: una radio a transistor, grande quasi e più di un telecomando che valeva il 25% dello stipendio mensile di un operaio (costavano tra le 15 e le 17 mila lire), che faceva tutt’uno con l’orecchio del tifoso che palpitava per ciò che non vedeva.
Ed era questo il bello: “Tutto il calcio” ha sdoganato la fantasia, ha incastonato nella testa degli appassionati l’immaginazione di un’azione raccontata da voci che col passare del tempo diverranno come amici del cuore o vicini di casa.
La calma serafica di Ameri e la voce inconfondibile di Sandro Ciotti, classe 1928, romano, figlioccio del poeta Trilussa, uomo di una cultura infinita e con una grande passioni, la musica e le donne. Mezz’ala con discreti risultati nelle giovanili della Lazio, proprio dopo un Lazio-Milan del 1973 e una rete ingiustamente annullata ai rossoneri, disse: “Ha arbitrato Lo Bello davanti a 80 mila testimoni”.
Scomparso nel 2003, Ciotti chiuse le telecronache al termine dell’annata 1995/96 e nel giorno dello scudetto del Cagliari , anno 1970, raccontò dell’invasione dei tifosi rossoblu in campo ma “senza eccessiva indisciplina”.
E il pathos, il sale della trasmissione, dato dall’irruzione di uno dei radiocronisti quando qualcun altro segnava: il tifoso, radio all’orecchio, sperava che fosse il campo della propria squadra ad entrare a gamba tesa su un’altra radiocronaca per segnalare un gol dei suoi beniamini. E di queste interruzioni, il simbolo di “Tutto il calcio” è quella di Catania-Inter, con gli etnei che bucano la rete dei nerazzurri, a quei tempi fortissimi, sdoganando il “Clamoroso al Cibali” che è pur vero essere divenuta una sorta di leggenda metropolitana, poiché non fu mai stabilito chi disse e se fu effettivamente detta quella frase.
Quando non furono trasmessi solo i secondi tempi, ma si partì dall’inizio, e le partite coperte si moltiplicarono (tutte alla stessa ora, mica lo spezzatino di oggi), fu stilata una vera e propria formazione dei radiocronisti. Il pioniere Niccolò Carosio, fu seguito da Everardo Dalla Noce, Carlo Nesti, Ezio Luzzi, Livio Forma, Bruno Gentili, Francesco Repice e soprattutto Riccardo Cucchi.
Che a tutto questo ha dedicato un libro, uscito nel 2019, “Radiogol”, il racconto della sua vita giornalistica e di quel sogno accarezzato sul terrazzo della sua casa romana del quartiere Prati, ascoltando Provenzali, Ameri e Ciotti e immaginando le azioni che sentiva, sognando un giorno di essere al loro posto. Lo sarà, anche al loro fianco, per 35 anni.
Il 12 febbraio 2017 lascia la trasmissione al termine di un Inter-Empoli a San Siro e la curva nerazzurra gli dedica uno striscione eloquente: “A te il nostro applauso per averci emozionato per davvero in un mondo di finti”. Vale per lui, ma per tutti coloro che hanno scritto questa storia lunga sessant’anni.
Fonte: lanotiziasportiva.com