Armando Torro | |
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Quando dall'urna di Nyon sono stati sorteggiati gli accoppiamenti per i quarti di finale di Champions League, la partita più interessante per il carisma degli allenatori è stata subito individuata in Manchester City-Atletico Madrid.
All'Etihad Stadium è andata in scena la rappresentazione delle due filosofie calcistiche a contrasto: da una parte il palleggio e la ricerca degli spazi di Guardiola e dall'altra l'applicazione difensiva nel chiudere ogni pertugio per poi ripartire di Simeone: per tutto il primo tempo ha avuto la meglio il Cholo perché i colchoneros sono stati compatti e nonostante picchi dell'80% di possesso palla non è arrivato alcun pericolo per Oblak, tolto un paio di tiri deviati in calcio d'angolo. Spesso pressati, i centrocampisti dei citizens hanno sbagliato una quantità industriale di passaggi, per la maggior parte orizzontali, nei tentativi di imbucata centrale per sfondare il 5-3-2 schierato dall'allenatore argentino, ma nei primi 45' l'Atletico ha fatto intravedere la sua qualità tecnica nel portare la palla dall'altra parte e vicino all'area di rigore, specialmente con João Félix.
Forse è stato proprio questo che ha convinto Simeone nell'essere un po' più spregiudicato nel secondo tempo, infatti i campioni di Spagna hanno alzato il baricentro rischiando di più in fase offensiva, sprecando anche un contropiede con Griezmann che ha ignorato il compagno di reparto, ma soprattutto ha lasciato più spazi al City che intorno all'ora di gioco per la prima volta ha spaventato Oblak, bravo a respingere la punizione di De Bruyne.
La svolta è arrivata con i cambi, più quelli di Simeone che quelli di Guardiola: entrati Cunha, Correa e De Paul per Griezmann, Llorente e Koke l'Atletico è passato al 3-4-3 volendo giocare alla pari con i padroni di casa, con la convinzione di poter fare un gol importante per la qualificazione. Invece questo scoprirsi e snaturarsi - in stagione i rojiblancos si sono sistemati con questo modulo solo per recuperare situazioni di svantaggio - ha favorito una maggiore efficacia nelle trame offensive della squadra guidata dal catalano, che al 68' ha pescato dalla panchina chi poteva risolvere la partita. Non tanto l'acclamato Grealish o l'unica vera punta Gabriel Jesús, ma Foden che al primo pallone toccato ha puntato la difesa ospite e ha servito un cioccolatino con l'interno sinistro sul taglio di De Bruyne non seguito adeguatamente da Felipe: il belga ha riscattato una partita non all'altezza del suo talento con un diagonale perfetto su cui Oblak non ha potuto nulla.
A quel punto ci si sarebbe aspettata una reazione rabbiosa dell'Atletico, ma non è arrivato nessun tiro verso la porta di Ederson e al contrario un altro paio di incursioni di Foden ha creato altrettante occasioni per il raddoppio del City (destro di De Bruyne da fuori area respinto) che però non ha ancora chiuso il discorso qualificazione con una goleada a tradurre il predominio territoriale come qualcuno poteva aspettarsi. Al ritorno di mercoledì prossimo gli uomini di Simeone hanno teoricamente la possibilità di ribaltare la questione, ma probabilmente dovranno scoprirsi molto di più di quanto visto stasera e rischiare di essere colpiti come tutte le squadre che hanno affrontato finora i campioni di Inghilterra. L'altro fattore da non trascurare è che in questa edizione della Champions i colchoneros non hanno ancora vinto al Wanda Metropolitano (2 pareggi e 2 sconfitte) e i citizens hanno perso solo contro il Paris Saint Germain che ha un gioco totalmente differente.
Chi ha praticamente chiuso il discorso qualificazione già all'andata è proprio la rivale diretta del Manchester City in patria, cioè il Liverpool che nella sfida da 8 Coppe dei Campioni/Champions League complessive ha superato a domicilio il Benfica e può concentrarsi sul big match di domenica pomeriggio che vale praticamente la vittoria della Premier.
Al Da Luz gli uomini di Klopp hanno dominato contro le aquile portoghesi arrivando più volte al tiro sfruttando la velocità del tridente composto da Luis Díaz, Mané e Salah che si è visto respingere due conclusioni nel primo tempo da Vlachodimos. La differenza per i gol che hanno mandato le squadre al riposo sul 2-0 per i reds l'hanno fatta i due terzini: prima Robertson che al 17' ha battuto un calcio d'angolo recapitando il pallone sulla testa di Konaté per il vantaggio, poi Alexander Arnold che con un filtrante di 40 metri ha pescato in area il fischiatissimo Luis Díaz che ha fatto la sponda per il facile tap in di Mané.
Il Benfica ha provato a far male ad Alisson con un paio di tiri dalla distanza e con le accelerazioni di Everton, Núñez e Rafa Silva, ma il gol che ha riaperto la partita è arrivato grazie al primo errore della partita di Konaté che ha favorito l'attaccante uruguagio. Il risultato è rimasto in bilico anche perché il Liverpool si è scoperto alla ricerca del tris, i padroni di casa hanno continuato ad attaccare e così Alisson ha dovuto salvare sul destro di Everton, ma alla fine proprio l'uomo più atteso, il colombiano ex Porto, ha chiuso i conti al minuto 87 scartando Vlachodimos sull'invito in profondità di Keita. Se il passivo non è stato ancora più pesante per la squadra di Veríssimo il merito è comunque del portiere greco che ha evitato il poker del neo entrato Diogo Jota al 95' tenendo accese delle flebilissime speranze per il ritorno ad Anfield dove ai Reds basterebbe ripetere quello che è successo contro l'Inter.
Man. City-Atletico Madrid 1-0
De Bruyne 70'
Benfica-Liverpool 1-3
Konaté 17', Mane 34' (L); Núñez 49' (B); L. Díaz 87' (L)