Maurizio Calò | |
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Non è possibile parlare e descrivere tecnicamente la partita di domenica. Non è possibile analizzare la prestazione della squadra. Non è possibile parlare realmente di calcio giocato. Perchè sembra quasi irriverente, perchè è doloroso, perchè non ha senso. Perche' quello a cui stiamo assistendo non può avere una logicità. Una razionalità. Un qualcosa di realmente comprensibile. La serata di Benevento è stata uno dei momenti più surreali e incredibili della recente storia del calcio tarantino. Sino ad un mese fa era la partita tanto attesa, per testare i nuovi, per vedere eventuali nuovi spunti tattici, per verificare la condizione della squadra a poco più di dieci giorni dalla trasferta di Giugliano per la prima giornata di campionato. E, soprattutto, per ritrovare l'affetto di una tifoseria intera.
Niente di tutto questo. A distanza di un mese, la partita di Benevento è stata l'emblema di una dimensione in cui il Taranto si è cacciato "improvvisamente" dall'inizio del mese di agosto. Un mese che è diventato da ordinario a straordinario. Da foriero di propositi importanti ad un incubo senza fine. Da un periodo di passaggio naturale verso l'inizio della stagione a un lento trascinarsi verso un tunnel buio e pesto. Dovendo fare davvero uno sforzo sovrumano nel vedere la partita di domenica, è stato quasi commovente vedere ragazzi cosi giovani, presi dal mare (parole del dg Lucchesi) e scaraventati in una realtà che per loro sembrava impossibile da vivere. Almeno sino a questo momento. L'impegno di cuore che hanno messo quei ragazzi non è bastato. Ma non poteva essere altrimenti. Come si può pensare di andare a Benevento e fare i miracoli cosi? Pia illusione.
Proviamo a metterci nei panni di La Fortezza, De Luca, Cappilli, Tancredi e Pompameo. Ragazzi con il sangue rossoblù nelle vene, cresciuti sui campi nostri, allevati nella speranza di poter arrivare in Prima Squadra. Il sogno di una vita. Vederli sbattuti cosi fa male. Vederli brancolare in una squadra assemblata neanche fosse una partitella tra amici in un centro sportivo è dura da sopportare. Fa molto male.
Tutto questo va ora rispedito a chi sta permettendo tutto questo. Ciò a cui ci appelliamo è il senso di responsabilità da parte di tutti. La parentesi di Benevento deve essere solo e semplicemente un incubo da mettere nel cassetto. Da non vivere più. Da non dover subire senza colpo ferire. Il senso di responsabilità verso la maglia che porta il nome della città deve essere la stella polare che tutti gli attori protagonisti devono seguire. Senza se e senza ma. Nessuno si tiri indietro. Perche "......anche se voi vi credete assolti siete lo stesso coinvolti.....".